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I colori del passato. 

di Gisella Borioli

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A volte mi domando cosa c’è negli occhi, nelle mani, nella mente, nel cuore delle donne che rende le artiste, seppure tecnicamente e apparentemente simili a tutti gli artisti, invece così intimamente diverse e originali. Ecco, è la risposta a questo interrogativo che mi ha guidato, negli anni, ad aprire la concept-gallery MyOwnGallery, luogo non di commercio ma di idee, all’arte al femminile. Femminile non come discriminante ma come una vasta e spesso inesplorata area dove il talento e il sentimento si incontrano lontano dalle mode artistiche, dalle metafore politiche, dalle presunte avanguardie, dagli shock visivi, dalle sfide insolenti che hanno siglato il successo degli artisti contemporanei più famosi o più mediatici. 

“Nelle mani delle donne” è un palinsesto che da qualche tempo mette in fila artiste, designer, creative, che usano un loro personale linguaggio per raccontare la parte più intima di sé e la traducono in opere reali che allargano lo sguardo sul mondo. Storie di vita non banali diventano la traccia spesso evidente a volte solo intuibile di un percorso che le porta all’Arte, al desiderio di dialogare con un pubblico “altro” con cui condividere visioni e passioni. E’ a questo punto che, per vie diverse, le incrocio sulla mia strada.  E scatta qualcosa. Quella voglia di dire: tu sì, vieni anche tu, aggiungiti a noi, alle tante sorelle che questa galleria ha accolto per affinità e non per calcolo, liberamente. 

A questo punto l’artista e la persona si sovrappongono e creano un tutt’uno dai mille volti con un cuore unico che le opere mi aiutano a decifrare.

Elena Chioccarelli Denis apre le pagine dei suoi ricordi di famiglia, di momenti di dolore, di famigliari perduti ma mai dimenticati, di vera storia e di ricostruzione, di un viaggio alla ricerca di sé che riflette in dipinti soffusi melancolia e speranza.

Orizzonti perduti e ritrovati legano il passato al presente, ammaliano quando le campiture di colore si allargano liquide sulla tela, commuovono quando si fanno più minute e più precise e allora sono file di profughi, donne e bambini, che drammaticamente ci ricordano che le guerre nel mondo non finiscono mai e che sono le madri con i loro figli le vittime più innocenti e inconsapevoli. Le belle foto, i video che accompagnano la mostra Vita in MyOwnGallery ci rammentano che le radici dell’arte di Elena nascono dal ritrovamento dei diari del nonno zoologo-esploratore inviato in Etiopia nel 1938, in epoca colonialista. Con la guerra il capofamiglia resta prigioniero in Africa e la moglie, con i sei figli, viene rimpatriata in Italia. 

Possiamo immaginare l’emozione di questa scoperta che invita Elena ad approfondire, ampliare, ordinare, metabolizzare e rielaborare questa lunga storia tramandata per due generazioni e in questo modo non ancora finita. Metterla in mostra è un po’ come aprire la sua anima, con sincerità. Ma questo le donne lo sanno fare benissimo, generose fino in fondo.

E’ naturale per gli spettatori, e ancor più le spettatrici, restare coinvolti da questa sequela di antiche memorie e moderne trasposizioni, coglierne l’aspetto sentimentale, l’amore che le pervade e la bellezza che ne scaturisce. Una bellezza drammatica ma calma e in un certo senso in pace, come se il tempo vi avesse steso un velo sopra, attutendo la sofferenza.

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